Trenta miserie d’Italia
La miseria d’Italia numero cinque una nuvola
molto bianca una nuvola bianca
calando all’improvviso molto bianca – bianca
ha divorato il gatto steso grigio in un sole autunnale
guardava la gente passare e la gente
nella sottostante strada dentro il traffico domenicale.
Via la nuvola il gatto l’ha stretta fra i denti ciabattando furtiva
come la scia di una nave che si addentra cauta nel
porto lasciando le onde grandi del mare
io vedo come accadono le cose fiorite o sfiorite
sono lacrime di una piccola suora diseredata
ma so che cavalco sulla lama della spada tagliente e la luce sanguina.
Anche la foglia nell’aria non ha più speranza di vita.
Mi domando dove trovare il tempo per sapere negli anni
che durano un giorno
per continuare lo scavo dentro la terra di sassi e toccare
la buona radice del pioppo sovrano
tutto è livellato ormai piallato appiattito.
Sovrana la solitudine della grande campagna conduce la danza
l’uccello nero cala gridando sul solco
per il terrore della navicella spaziale che fulmina
l’aria tracciando ferite di giallo.
Milioni di chilometri e Giotto il pittore divino
si muove fra le pecore dello spazio
tocca gli astri non si brucia le mani
potrà dipingere ancora il mondo
ricordare il buio di dio
riconoscere l’occhio dell’uomo da quello della serpe.
Invadere col fuoco l’infinito così lieto e vicino
senza bruciarlo.
Roberto Roversi, “Trenta miserie d’Italia”, L’iItalia sepolta sotto la neve
(nell’immagine: “Nimbus II” di Berndnaut Smilde)